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Cloud computing

Platform Engineering: tra mito e realtà

Un approccio che permette di aumentare la produttività dei team e accelerare il ciclo di sviluppo e distribuzione degli applicativi, garantendo sicurezza e aggiornamento. Ma che richiede competenze non comuni per il suo allestimento e la sua gestione

Se negli Stati Uniti e in Regno Unito è già conosciuto da tempo, in Italia si sta diffondendo solo ora: il mondo dello sviluppo di software e applicazioni sta assistendo all’affermarsi del Platform engineering. Si tratta di un nuovo approccio nato per rispondere alla crescente complessità delle architetture software nell’era del cloud native e si fonda su piattaforme di sviluppo interno, in inglese Internal Developer Platform (IDP), che si interpongono tra gli sviluppatori e gli utenti finali, per semplificare la gestione dell’intero ciclo di vita dei progetti (dalla progettazione, all’implementazione, fino alla manutenzione), con un netto miglioramento della user experience, della velocità di consegna, dell’agilità nella gestione dei processi e della personalizzazione.

Moltiplicare il valore

Il motivo per cui il Platform engineering si sta imponendo, tanto da comparire nel report di Gartner sui Top Strategic Technological Trends 2023, è perché è capace di moltiplicare il valore che scaturisce dallo sviluppo di un’applicazione, grazie ai suoi molteplici vantaggi. Innanzitutto, l’adozione di architetture cloud-native e di servizi serverless consente una maggiore agilità, scalabilità e resilienza delle piattaforme di sviluppo. Infatti, queste soluzioni tecnologiche offrono ai software developer la possibilità di concentrarsi sullo sviluppo delle applicazioni, mentre l’infrastruttura sottostante viene gestita in modo automatizzato e scalabile. Anche per quanto riguarda la sicurezza dei dati, con l’esigenza sempre più pressante di proteggere le informazioni sensibili, garantire la conformità normativa e rispondere alle minacce emergenti con il supporto della data analytics e dell’intelligenza artificiale, il nuovo approccio risulta vincente. Così come per l’integrazione delle tecnologie emergenti – internet of things, blockchain, realtà aumentata/virtuale, AI – che diventa più rapida e sicura. Tutti questi vantaggi portano a quello che in fin dei conti è il più importante, e cioè una migliore user experience, frutto anche di altre funzionalità, come la personalizzazione dei servizi, l’automazione delle interazioni e l’analisi dei dati che consente di anticipare le esigenze degli utenti.

Far comunicare due mondi che non si parlavano

Secondo le previsioni degli analisti di Gartner, il Platform Engineering risolverà il problema della cooperazione tra gli sviluppatori di software e gli operatori che li utilizzano: questo approccio, infatti, mette finalmente in comunicazione due mondi che fino ad ora non si erano mai parlati. Ecco perché si prevede che entro il 2026 l’80% delle realtà che si occupano di software engineering creerà dei team di platform engineer che lavoreranno come fornitori interni di servizi, componenti e strumenti riutilizzabili per la realizzazione e consegna delle applicazioni. La richiesta di professionalità adatte a ricoprire questo ruolo, e quindi capaci di affrontare sia temi tecnologici che di processo, è stimata in aumento del 300-400% nei prossimi anni. Questo perché il Platform engineering aumenta l’efficienza, la velocità e la dinamicità nella costruzione delle applicazioni, grazie alla presenza di un team con competenze a 360° e con una visione sia sullo sviluppo dei software, sia sulla piattaforma su cui questi ultimi si basano. L’approccio, però, non è del tutto nuovo e gli addetti ai lavori si cimentano già da qualche tempo con le Internal Developer Platform e con le tecnologie ad esse sottese. Anche perché non ci si può improvvisare platform engineers, dato che le competenze richieste sono tutte molto evolute.

Un team con competenze a tutto tondo

In primo luogo, è necessaria una grande conoscenza delle piattaforme, sia dal punto di vista della loro architettura, sia per quel che riguarda la loro sicurezza. Comprendere a fondo le diverse piattaforme disponibili – come i servizi cloud, i framework di sviluppo delle applicazioni, le big data platform, le tecnologie di virtualizzazione – è essenziale tanto quanto essere in grado di implementare le misure di sicurezza indispensabili per proteggere i dati dei clienti. Il che significa saper riconoscere le vulnerabilità esistenti, sapere come applicare le migliori pratiche per il controllo degli accessi e padroneggiare l’utilizzo degli strumenti di monitoraggio. Oltre alle competenze di piattaforma, è fondamentale avere anche dimestichezza con l’automazione dei processi di provisioning e con la configurazione e la scalabilità delle risorse di sistema, e conoscere approfonditamente gli strumenti di automazione e orchestrazione più diffusi oltre ad avere una vista su quelli che verranno implementati nel prossimo futuro. Senza una buona conoscenza nella progettazione, nello sviluppo e nella gestione delle API (Application Programming Interface) non sarebbe, inoltre, possibile consentire l’integrazione tra le piattaforme e le applicazioni. Infine, poiché la data analytics e l’AI saranno sempre più integrate nelle piattaforme, sarà necessario possedere know-how nell’elaborazione dei dati, nell’apprendimento automatico e nell’integrazione di algoritmi intelligenti.

Allestire un team per il platform engineering, insomma, non è proprio per tutti.

Un approccio accessibile a tutti

In Italia sono ancora poche le realtà che hanno integrato al loro interno un team di platform engineer. Ma i benefici che questa metodologia assicura giocheranno un ruolo sempre più determinante nella competitività delle aziende, e presto anche realtà produttive e di servizi che non hanno un team interno vorranno sfruttarne i vantaggi. Altre imprese, invece, saranno costrette a farlo, perché molti applicativi aziendali largamente diffusi stanno per aggiornarsi alle nuove modalità di sviluppo e non sarà possibile continuare a utilizzarli se non dotandosi di una Internal Developer Platform.

Molte realtà, però, non vogliono complicarsi la vita inserendo al proprio interno un team di platform engineer: vogliono semplicemente la piattaforma pronta all’uso, su cui i software developer possano lavorare con facilità. Spesso, infatti, queste realtà sono dotate di team di sviluppatori DevOps con competenze più orientate al mondo dei sistemi operativi e che necessitano di utilizzare agevolmente la piattaforma, senza doversi occupare di strumenti non così facili da gestire, i cui costi e la cui sicurezza non sono sempre facilmente controllabili.

Ecco perché il Platform Engineering è entrato a fare parte dell’offerta di deda tech. In questo modo diamo ai nostri clienti la possibilità di godere dei vantaggi di questo tipo di approccio, senza doversene sobbarcare la complessità.

Se hai piacere di approfondire l’argomento, contattaci.

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